Per oggi la rubrica "Dillo in versi" con una poesia che ho scritto un paio d'anni fa. Spero vi piaccia.
The Death
Ascolta,
il dolce suono della mia
voce.
Senti,
le mie parole soavi.
Annusa il mio odore
pungente.
Guarda,
la mia velocità nel
conquistarti.
Hai capito chi sono?
Apri gli occhi e osservami
mentre ti conduco in un
mondo migliore.
Sono nera e lucente,
letale e splendente.
Hai capito chi sono?
Ti prendo ciò che hai di
più prezioso,
il tuo corpo lo lascio a
lui,
mio aiutante giocoso.
Ti prepara e ti veste,
ti cuce le ferite con le
sue mani leste.
È veloce nell’inganno,
ti fa sembrare dormiente,
il tuo corpo ai tuoi
familiari mente
per farti sembrare più
viva.
Hi capito chi siamo?
Ti do un aiutino.
La Morte ed il becchino.
Ci mette il suo amore,
essere incompreso,
m non se ne preoccupa,
dal suo mestiere è preso.
Se facessero ai morti una
semplice domanda:
“Secondo te la morte
inganna?”
Tu come risponderesti,
povera anima sola?
“No, è più dolce di una
nonna,
migliore di una comune
donna,
sempre lesta
e nefasta.
È patetica e grottesca.”
Un’altra piccola domanda.
“Il colore della morte?”
“È bianca e candida,
più del lenzuolo in cui i
miei familiari mi hanno avvolta
più del cielo che ho
guardato per l’ultima volta
più del sorriso del mio
primo amore”
Il becchino è grigio e
nero.
Lui deve rimanere serio.
Il becchino infine ride.
“Hai paura?”
Lo chiedo sempre.
E loro ridono come il
becchino.
I familiari piangono tutte
le proprie lacrime,
finte e vere,
sbagliate e sincere.
“Perché vi disperate, io
sto ridendo!”
E così vanno impazzendo.
Non li capisco i
familiari.
Piangono.
Solo quattro persone
ridono:
io,
il morto,
il becchino
e l’assassino.